Il Mistero della Pieve di Nimis

de “il Pensatore” 14 agosto 2020

La conoscenza si basa sulle domande, o, se preferite, sulla voglia di sapere; le domande, a loro volta, possono basarsi su una necessità vitale oppure sul semplice capriccio: altrettanto, ambedue queste tipologie possono essere condivise dai molti oppure di pertinenza del singolo individuo. Senz’altro, i due rosoni, parzialmente sovrapposti, sulla facciata della pieve dei santi Gervasio e Protasio a Nimis1, sono fonte di stupore generale: che significato hanno? Ovviamente, non posso affermare di conoscere tutte le facciate delle chiese medievali, sicché mi limito a dire che io non ho mai visto una composizione così particolare, che tende più all’unicità che alla rarità: sì, questo sento di poterlo affermare.

Quei due rosoni impattano sull’emotività dello spettatore, ridestando sensazioni nascoste da strati cognitivi sovrapposti, un quid antico viene sfiorato e vibra di conseguenza: ci siamo imbattuti nella raffigurazione di un archetipo che porta a risonanza quella sua immagine presente dentro di noi? Ma di che archetipo può trattarsi in questa circostanza? Ecco, adesso dall’iniziale fase di affascinamento bisogna passare a quella della ricerca. Non è il caso di ripetere dati storici che sono già accessibili nell’ottimo sito http://parrocchiadinimis.it/san-gervasio-e-protasio/, l’interessato li troverà colà; ciò che mi interessa è approfondire un’analisi che si basa su alcuni elementi architettonici, qui basti dire che la fondazione risale all’epoca teodosiana. Essenzialmente, il motivo di questo particolarissimo effetto scenico è stato – ciò detto in estrema sintesi – l’ampliamento della chiesa effettuato in piena epoca medioevale, probabilmente verso la fine dell’XI secolo; questo ha comportato che il precedente – e più grande rosone – non fosse più al centro della facciata, sicché è stato necessario farne un altro: simmetria è sinonimo di armonia, cioè di bellezza.

In epoca medioevale, in conseguenza di un rifacimento di una qualsivoglia facciata, era prassi inserire negli spazi vuoti –sia nel caso di finestre, usci e portici, divenuti per un qualche motivo obsoleti2 – materiale di costruzione uguale a quello che formava le pareti circostanti, cioè, pietre o mattoni. Attenzione, quale che fosse, esso veniva messo accuratamente a filo e nello stesso senso con la superficie di contorno, così che l’esistenza dell’antico vano era – ed è in tantissimi casi anche oggi – percepibile solo grazie alla cornice preesistente. Il motivo di questa precisione era dovuto al fatto che quelle pareti erano destinate a rimanere a vista, cioè senza intonaco, sicché non sarebbe stata bella figura mostrare materiali diversi e posizionati a casaccio. Questo non è avvenuto a Nimis durante quei lavori, quasi un millennio fa, ma l’esito è tutt’altro che un fastidio per gli occhi. L’ignoto capomastro, pur occludendolo, non ha messo a livello l’antico rosone, lasciandone anche chiaramente visibile la circonferenza esterna delimitata da mattoni, nell’ambito della facciata in pietra. Non solo, egli ha costruito il nuovo rosone in modo che si intersecasse al precedente, ma, ciò che è più eclatante, lo ha fatto decisamente più piccolo, nonostante avesse lo spazio –potendo inglobare senza problemi quello vecchio- per farne uno maestoso e più consono all’aumentata superficie. Ecco, il secondo rosone non è sufficientemente grande per essere davvero proporzionato al suo contesto, come mai questa stranezza?3 Prima di proseguire in questo senso, debbo aggiungere che esiste un altro aspetto particolarmente intrigante: al momento dell’ampliamento, il capomastro non ha occultato la feritoia posta sotto il vecchio rosone, ma, qual è lo scopo della feritoia? Quest’apertura è un elemento assai costante nell’architettura ecclesiastica almeno a partire dal periodo longobardo4, pur non essendo ubiquo. Il suo scopo era quello di inviare un fascio di luce, in un determinato istante e durante un determinato giorno dell’anno, su un dato punto posto sulla facciata posteriore interna della chiesa: visto che, ovviamente, un raggio solare –nubi permettendo- entrava comunque ogni giorno, quale che fosse il punto voluto poteva essere stabilito solo dal costruttore. Nel nuovo testamento non v’è alcuna regola riguardo alla costruzione ed all’orientamento degli edifici che debbono ospitare le ecclesìe ἐκκλησίαι, ­ in greco – cioè le comunità dei fedeli; le chiese paleocristiane, in grande maggioranza, sono rivolte con l’entrata ad Ovest e l’altare ad Est, di modo che il sacerdote possa officiare il culto mattutino rivolto verso la levata del Sole5. Nel momento della presa del potere totale sull’ecumene, Costantino è un seguace di quella divinità cosmica ormai frutto della simbiosi tra Mithra e Sol Invictus, sicché, Attansio d’Alessandria, forse inconsapevolmente, ci dà una notizia che ricalca il sentimento dell’augusto sponsor del concilio di Nicea:

“…e la posizione delle chiese così era, affinché i fedeli, rivolti all’altare, pregassero verso il Sole, simbolo di Cristo, che è sia il sole della giustizia e sia la luce del mondo.” 6

Questa regola ufficiosa viene codificata nelle di poco successive “Costituzioni Apostoliche: II,7” del IV secolo7,e ciò è ulteriore prova di quanto il culto cristiano debba al preesistente culto mitraico e solare. Purtroppo, non è possibile nemmeno ipotizzare verso cosa potesse puntare quel particolare raggio di sole, in quell’ignoto momento di un inconoscibile giorno: in epoca contemporanea, un mosaico è stato sovrapposto all’affresco medioevale che impreziosiva proprio la parete orientale, né vi sono fotografie disponibili, si sa solo che esso raffigurava un qualcosa tratto dall’Apocalisse di Giovanni, davvero un gran peccato. Un altro elemento che stacca la pieve dal resto delle chiese d’ogni tempo è il posizionamento attuale del campanile: prima del rifacimento del XII secolo, il campanile, guardando verso la facciata, era attaccato alla parete di destra. Al momento dell’ampliamento, invece, esso viene ricostruito separatamente dal corpo principale e posto innanzi alla navata destra, come mai questo notevole cambiamento? Purtroppo, la risposta definitiva è sfuggente, ma cercherò di chiarire qualche dettaglio, La pieve sorge su una collinetta apparentemente angusta rispetto all’immediato contesto, che però è frutto di secoli di cambiamenti dovuti all’urbanizzazione, sicché non abbiamo prove che non ci fosse davvero spazio per riproporre la precedente pianta strutturale in versione ampliata; comunque sia avvenuto, un dislivello tutt’altro che ripido non è mai stato un deterrente alla costruzione né di edifici religiosi e né di edifici militari, anche colossali. Ma è la visione dall’alto, grazie a Google Maps, a darmi una sensazione assai intrigante: il campanile non è parallelo alla chiesa bensì è posizionato, puntando sulla parete posteriore, a formare un angolo acuto – o, più precisamente, un triangolo scaleno – con il lato occidentale della facciata. Sia detto per inciso: adesso, mi limito a dire che il vertice di questo angolo punta verso un altro elemento molto interessante, che vedremo poi.

Tornando all’aspetto architettonico: siamo innanzi ad un errore pacchiano? Non credo proprio; ordunque, se non ho basi per poter indicare una qualsivoglia certezza sul motivo di separare il campanile dal corpo principale, qui, invece, non ho dubbi: l’ignoto maestro costruttore ha voluto sottolineare l’allineamento astronomico azimutale della pieve, ovviamente, questa precisione non sarebbe stata assolutamente possibile se i due edifici fossero stati paralleli. Il grafico appena messo, ideato dal prof. Adriano Gaspani, è quasi completamente sovrapponibile alla menzionata veduta dall’alto fornita da Google Maps. Uso l’avverbio “quasi” poiché il centro del campanile non è sull’asse della chiesa, cosa ovviamente impossibile: se così fosse stato avrebbe bloccato sia l’accesso visivo che fisico alla chiesa. Siamo di fronte ad un lavoro accurato e mirato; per favore, non ci si inganni a causa della povera tecnologia del tempo: allora, le crociate avevano già messo gli europei innanzi alle tante eccellenze della matematica araba, luminosa figlia di quella greca; non solo, anche la bussola – inventata dai cinesi, poi portata dai selgiuchidi sul Mediterraneo ed infine resa famosa dagli amalfitani – era disponibile, pur se non di moda come invece è oggi. Ecco, giunti a questo punto, ritengo legittimo pensare ad un capomastro quasi alla pari di quelli citati da Fulcanelli nella sua opera più famosa: “Le Mystère des Cathédrales”; ma, ovviamente, all’occhio nudo, non è questa la vera stranezza: sì, di primo acchito, i due rosoni sono il vero colpo di scena. Solo a me, fin dal primo momento, è capitato di pensare alla raffigurazione di un’eclissi solare? Non credo proprio, però, la mia prima sensazione è stata struggente, ma andiamo con ordine. Ritengo congruo associare la validità di questa eventualità a due elementi. Il primo, e chiaramente più importante, è il palese riferimento all’eclissi solare che, in base al racconto dei sinottici, accadde al momento della morte di Gesù sulla croce8. Il secondo potrebbe darci, con buona probabilità, un’idea sul periodo in cui il rifacimento è stato effettuato: un’eclissi solare famosa di quel tempo fu visibile in Italia il 16 febbrario del 1086, di essa c’è menzione nella storia dei normanni in Sicilia di Goffredo Malaterra:

”Nel sesto giorno del mese di febbraio, tra la sesta e la nona ora, il sole fu oscurato per il tempo di tre ore; l’evento fu così grande che chiunque stesse lavorando al chiuso dovette accendere le lampade. Davvero, alcuni andarono da casa in casa per avere lanterne o torce. Molti furono i terrorizzati”9

Avviandomi a concludere, voglio sottolineare proprio l’elemento che in questo contesto ho trovato sommamente intrigante, seppure non di immediata percezione. Esattamente al vertice10 della triangolazione di cui sopra si trova una lapide raffigurante una croce gigliata patente su un compasso dotato di rivetto a cerniera.

Questa lapide – un rettangolo di circa 40 cm per 70, probabilmente una lastra tufacea – è quasi occultata da un palo della luce, ma, per fortuna è ben visibile anche con Google Maps. Essa è o un retaggio massonico propriamente detto oppure è, comunque, un segno di sincretismo tra il messaggio cristico e l’esoterismo. Il fatto che il compasso non sia sormontato dalla squadra non inficia, sia chiaro, l’attribuzione massonica: la simbologia massonica universale è pressocché illimitata. Dato che la lapide, ovviamente, è più recente rispetto alla pieve, colui che l’ha posizionata in quel particolarissimo modo – all’estremo lato destro della facciata – ha voluto enfatizzare la complementarietà, la sinergia, tra le due tradizioni. Perché dico “particolarissimo modo”? Le lapidi, le cotte d’armi e, in generale, i simboli araldici sono posizionati precisamente sopra le entrate principali; eccezionalmente, quasi sempre per mancanza di spazio, vengono poste lateralmente accanto all’entrata, affinché chiunque entri possa vedere facilmente quanto raffigurato. Questa volta no: nessuna simmetria con la facciata ed il portone è stata rispettata, non è stato questo lo scopo, bensì, si è voluto effettuare l’allineamento sul vertice del triangolo ideale già menzionato. La lastra risale a secoli fa e, forse, è impossibile dire quanti; la croce ed il compasso sono stati scalpellati a mano e qui bisogna aggiungere un elemento. Se è assolutamente vero che il 24 giugno 1717 – festa cristiana dedicata al Precursore, e nulla è per caso – quattro logge londinesi si fondono creando la prima fratellanza massonica moderna, è altrettanto vero che Robert Lomas e Christopher Knight – due illustri fratelli britannici – hanno dimostrato che la tradizione massonica è assai più antica: insomma, in quel particolare giorno di inizio estate essa è semplicemente venuta allo scoperto11. Parlando di stili, comunque sia, la lapide mi suscita un accostamento tardo barocco. Purtroppo, non sono riuscito a scoprire chi sia stata la famiglia proprietaria di quella abitazione secoli fa, nemmeno sono in grado di dire se gli attuali proprietari siano i diretti suoi discendenti. Giunti qui alla fine, posso, però, affermare che Nimis è un ameno borgo che merita un’attenta visita per diversi e coinvolgenti motivi.

NOTE

1 Ringrazio monsignor Rizieri, parroco di Nimis, per la paziente consulenza datami sulle fasi storiche dei lavori di costruzione e successivi restauri.

2 Per fare un solo esempio, le vie del centro della meravigliosa Siena abbondano di questi rimaneggiamenti.

3 Negli anni trenta del secolo scorso, la facciata venne ricoperta da malta, a sua volta intonacata e stuccata, occultando completamente i rosoni e la feritoia sottostante. Negli anni sessanta, un assai più intelligente restauro ha riportato alla luce la preziosa ed unica facciata originale; altrettanto fedele è stato il recupero dopo il terremoto del 1976.

4 La questione dell’origine temporale di questo elemento architettonico è ancora dibattuta, sicché non ritengo che in questa sede sia necessario dilungarmi oltre.

5I templi delle divinità patrie romane – così come quelli greci – erano, in linea di massima, rivolti con le facciate ad Est, verso il Sole nascente; in tal senso sono orientate anche la basilica di San Pietro e quella di San Giovanni in Laterano, ma non sono le uniche eccezioni in ambito cattolico.

6 Mia traduzione da Attanasio d’Alessandria, “Quaestiones in Evangelia, 14”, riportato da Carolus Kozma De Papi in “Liturgica Sacra Catholica: Exhibens Sacrorum Ecclesiae Romano-Catholicae Rituum Origines, Causas, Significationes” 1861, riprodotto in PDF da Nabu Press, Firenze, 2012.

7 Vedasi “L’orientazione astronomica delle chiese cristiane” di Adriano Gaspani, Istituto Nazionale di Astrofisica – Inaf, Brera, Milano.

8 Marco 15:33;  Matteo 27:45; Matteo 25:51-54; Luca 23:44

9 Mia traduzione da https://www.britannica.com/science/eclipse/Medieval-European. Per la precisione, nessuna eclissi può durare più di qualche minuto; tutt’al più un oggetto sufficientemente grande – ma quale? – che si frapponga ad una congrua altezza tra sole e terra può dare la falsa apparenza di un’eclissi.

10 Sulla facciata di una casa, oltre la strada. L’allineamento è chiaramente visibile anche usando un drone sufficientemente avanzato.

11 Quasi tutti i libri di Lomas e Knight sono stati tradotti in italiano, ma non hanno mai ricevuto attenzione nell’ambito delle grandi emittenti televisive, sicché sono quasi rimasti sconosciuti al grande pubblico, spesso classificati – in modo assai farisaico – come letteratura new age. In particolare, suggerisco la lettura di: “La Chiave di Hiram”, “Il Secondo Messia” e “Il Segreto dei Massoni”, del solo Lomas.

Foto: andrea nicola